Il Carnevale di Venezia, se non il più grandioso, è sicuramente il più conosciuto per il fascino che esercita e il mistero che continua a possedere anche adesso che sono trascorsi 900 anni dal primo documento che fa riferimento a questa famosissima festa.
Chi non ne ha mai sentirto parlare? Si hanno ricordi delle festività del Carnevale fin dal 1094, sotto il dogato di Vitale Falier, in un documento che parla dei divertimenti pubblici nei giorni che precedevano la Quaresima. Il documento ufficiale che dichiara il Carnevale una festa pubblica è del 1296 quando il Senato della Repubblica dichiarò festivo l’ultimo giorno della Quaresima.
Tuttavia il Carnevale ha tradizioni molto più antiche che rimandano ai culti ancestrali di passaggio dall’inverno alla primavera, culti presenti in quasi tutte le società, basti pensare ai Saturnalia latini o ai culti dionisiaci nei quali il motto era “Semel in anno licet insanire” (“Una volta all’anno è lecito non avere freni”) ed è simile lo spirito che anima le oligarchie veneziane e le classi dirigenti latine con la concessione e l’illusione ai ceti più umili di diventare, per un breve periodo dell’anno, simili ai potenti, concedendo loro di poter burlare pubblicamente i ricchi indossando una maschera sul volto. Una utile valvola di sfogo per tenere sotto controllo le tensioni sociali sull’esempio del “Panem et Circenses” latino.
Se un tempo il Carnevale era molto più lungo e cominciava addirittura la prima domenica di ottobre per intensificarsi il giorno dopo l’Epifania e culminare nei giorni che precedevano la Quaresima, oggi il Carnevale ha la durata di circa dieci giorni in coincidenza del periodo pre-pasquale ma la febbre del Carnevale comincia molto tempo prima anzi, forse non è scorretto dire che, a Venezia, la febbre del Carnevale non cessa mai durante l’anno. Una sottile euforia si insinua tra le calli della città più bella del mondo e cresce impercettibilmente, sale con la stessa naturalezza dell’acqua, sfuma i contorni della cose, suggerisce misteri e atmosfere di tempi andati.
Un tempo il Carnevale consentiva ai Veneziani di lasciar da parte le occupazioni per dedicarsi totalmente ai divertimenti, si costruivano palchi nei campi principali, lungo la Riva degli Schiavoni, in Piazzetta e in Piazza San Marco. La gente accorreva per ammirare le attrazioni, le più varie: i giocolieri, i saltimbanchi, gli animali danzanti, gli acrobati; trombe, pifferi e tamburi venivano quasi consumati dall’uso, i venditori ambulanti vendevano frutta secca, castagne e fritòle (le frittelle) e dolci di ogni tipo, ben attenti a far notare la provenienza da Paesi lontani delle loro mercanzie. La città di Venezia, grande città commerciale, ha sempre avuto un legame privilegiato con i Paesi lontani, con l’Oriente in particolare cui non manca, in ogni edizione del Carnevale, un riferimento, un Filo Rosso che continua a legare la festa più nota della Serenissima al leggendario Viaggio del veneziano Marco Polo verso la Cina alla corte di Qubilai Khan dove visse per circa venticinque anni. Un Filo Rosso che si snoda lungo l’antica e famigerata via della Seta.
Alcuni Carnevali sono passati alla storia: quello del 1571, in occasione della grande battaglia delle forze cristiane a Lepanto quando, la domenica di Carnevale venne allestita una sfilata di carri allegorici: la Fede troneggiava col piede sopra un drago incatenato ed era seguita dalle Virtù teologali, la Vittoria sovrastava i vinti ed infine la Morte con la falce in mano per significare che in quella vittoria anche lei aveva trionfato.
Nel 1664 in occasione delle nozze in casa Cornaro a San Polo, si organizzò una grandiosa e divertente mascherata a cui parteciparono molti giovani patrizi. Una sfarzosa sfilata attraversò Venezia e fece tappa in due dei più famosi monasteri della città: quello di San Lorenzo e quello di San Zaccaria, dove risiedevano le monache di nobile stirpe.
Il 27 febbraio 1679 il Duca di Mantova sfilò con un seguito di indiani, neri, turchi e tartari che, lungo il percorso sfidarono e combatterono sei mostri, dopo averli uccisi si cominciò a danzare.
Per il Carnevale del 1706: giovani patrizi si mascherarono da Persiani e attraversarono la città per poi esibirsi nelle corti e nei parlatoi dei principali monasteri di monache (San Zaccaria e San Lorenzo).
Venezia divenne l’alta scuola europea del piacere e del gioco, della maschera e dell’irresponsabilità. Venezia si fece grande virtuosa delle metamorfosi e il carnevale fu (ed è ancora) il suo exploit.
Per molti giorni all’anno, il mondo sembrava non opporre più resistenza i desideri diventavano realizzabili e non c’era pensiero o atto che non fosse possibile. Questa era Venezia nel Settecento, il secolo che, più di ogni altro, la rese luogo dalle infinite suggestioni e patrimonio della fantasia del mondo. Venezia era allora il mondo di Giacomo Casanova, un mondo superficiale, festante, decorativo e galante, il mondo di pittori come Boucher e Fragonard, Longhi, Rosalba Carriera e Giambattista Tiepolo, la patria del padre della Commedia dei Caratteri, uno dei più grandi autori del teatro europeo e uno degli scrittori italiani più conosciuti all’estero: Carlo Goldoni che, in una poesia dedicata al Carnevale, così rappresenta lo spirito della festa:
“Qui la moglie e là il marito
Ognuno va dove gli par
Ognun corre a qualche invito,
chi a giocar chi a ballar”.
Nel XIX secolo, invece, Venezia e il suo Carnevale incarnano il mito romantico internazionale e la città della Laguna, con le sue brume e l’aspetto paludoso, diventa meta di artisti, scrittori, musicisti, avventurieri e bellissime dame di tutto il mondo: Sissi d’Austria, Wagner, Byron, George Sand, Ugo Foscolo.
Il Carnevale ebbe un momento di stasi dopo la caduta della Repubblica di Venezia perché malvisto dalla temporanea occupazione di austriaci e francesi. La tradizione si conservò nelle isole, Burano, Murano, dove si continuò a festeggiare. Solo alla fine degli anni Settanta del XX secolo alcuni cittadini e associazioni civiche si impegnarono per far risorgere il Carnevale che venne inaugurato nel 1979. Il Comune di Venezia, il Teatro La Fenice, l’azienda provinciale di soggiorno e la Biennale prepararono un programma di 11 giorni lasciando anche molto spazio all’improvvisazione e alla spontaneità senza dimenticare un supporto logistico con mense e alloggi a prezzi accessibili.
Il Carnevale dei nostri giorni è un magnifico happening che coinvolge grossi sponsor, le reti televisive, le Fondazioni culturali e che richiama folle di curiosi da tutto il mondo con migliaia di maschere in festa e con una pacifica e sgargiante occupazione della Laguna.
Tra le calli della meravigliosa città, per una decina di giorni, si svolge una continua rappresentazione di teatrale allegria e giocosità, tutti in maschera a celebrare il fascino di un mondo fatto di balli, scherzi, galà esclusivi e romantici incontri.